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POSTINI FRETTOLOSI E POCO SERI


Qualche settimana fa mentre ero in fila in un affollato ufficio postale cittadino mi è capitato di
assistere ad un acceso diverbio tra un utente e un giovane impiegato.
L'utente metteva in discussione la qualità del servizio di recapito della corrispondenza, allorquando
gli addetti troppe volte lasciano frettolosamente avvisi in cassetta senza nemmeno provare l'effettiva
reperibilità dei destinatari di un piego raccomandato.
Il giovane sportellista di fronte alle rimostranze della utente non ha battuto ciglio: «sono le direttive
dall'alto, Signora, i postini devono consegnare nel minor tempo possibile». Che tradotto significa:
non è importante la qualità del servizio, ossia la consegna al destinatario della corrispondenza qual è
la funzione, o meglio l'essenza, stessa del servizio postale. Ciò che conta è fare in fretta, lasciare
pacchi di corrispondenza ai portieri dei condomini, se si ha la fortuna di poterne disporre, i quali poi
provvederanno al disbrigo per loro conto, se invece portierato non c'è la soluzione è semplice: si
citofona, qualcuno pur sempre aprirà il portone, e si lasciano gli avvisi di mancata consegna nelle
cassette.
La risposta, forse un po' ingenua ma sincera, di quell'impiegato postale mi è tornata alla mente
qualche giorno dopo, quando i media nazionali hanno dato grande risalto all'istruttoria aperta dal
Garante per la concorrenza sulla pratica adottata da Poste Italiane.
L'intero sistema di consegna delle raccomandate è così finito sotto la lente di ingrandimento
dell'Authority che si avvale dell'ausilio del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza.
È come se quelle parole di denuncia che riecheggiavano nell'ufficio postale cittadino fossero
rimbalzate a Roma dove una importante istruttoria amministrativa si basa sulle promesse di servizi,
di fatto non garantiti. Le Poste avrebbero veicolato «messaggi ingannevoli» sulla celerità del
servizio e sul ritiro digitale, vale a dire la versione evoluta della consegna fisica delle raccomandate,
senza però osservare quanto promesso.
E qui, nelle indagini dell'Authority, entra in gioco il ruolo dei postini, con l'avviso di giacenza del
plico raccomandato depositato nella cassetta postale del destinatario dell'invio senza previo
accertamento della presenza o meno del medesimo al proprio domicilio, in pratica senza nemmeno
suonare al citofono o alla porta. In questo modo il destinatario che voglia entrare in possesso del
plico viene costretto «ad esperire procedure alternative previste da Poste», così si legge negli atti
dell'Antitrust, «con uno slittamento dei tempi di consegna ed un dispendio di tempo ed energie che
non sarebbe necessario qualora il tentativo di consegna venisse realmente effettuato».
L'istruttoria avrà il suo corso ovviamente, e se i rilievi del Garante dovessero trovare conferma
potrebbe aprirsi una stagione di azioni per risarcimenti nei confronti di un ente che svolge a
intermittenza un servizio pubblico essenziale.
In quel caso dovremmo porci una domanda: il tempo risparmiato dai postini che con leggerezza e
senza altri accertamenti lasciano gli avvisi in cassetta ha effetti negativi sugli utenti, e sugli sportelli
postali addetti alla giacenza?
Un circolo vizioso nel quale, alla fine, perdono tutti.
Pierluigi Morena